La fotonarrazione è una passione alla quale dedico, da molti anni, parte del mio tempo libero.
Questo mio interesse è talmente noto ed evidente, che gli abitanti del mio paese, quando non vedono la macchina fotografica appesa al mio collo, mi chiedono come mai sono senza…
Ma pochi sanno che a volte, nonostante abbia con me la reflex, capita che non scatto neppure una foto, in quanto nulla ha suscitato la mia attenzione e di conseguenza non ha senso riempire la memoria con delle immagini solo per il gesto meccanico di farlo.
Non sono un fotoamatore, ovvero un appassionato ed esperto di fotografia che conosce ed applica le regole tecniche e che agisce sui diversi parametri per ottenere scatti perfetti, e non mi interessa proprio realizzare immagini che stupiscano… nulla di tutto ciò. Lascio questo ai fotografi professionisti (chi guadagna dalle fotografie) o ai fotoamatori.
Per me una fotografia deve essere in grado di trasmettere le emozioni provate e raccontare quanto di irripetibile è successo in quell’instante. Solo quando presumo di essere in grado di catturare, attraverso la macchina fotografica, quel frammento irripetibile di vita contemporanea e nello stesso tempo credo di riuscire a trasmettere una parte delle emozioni provate, scatto una, dieci, cento fotografie.
Molte volte mi rendo conto che la fotografia da sola non basta per raccontare e trasmettere quanto ho provato in quell’istante, in casi come questi aggiungo un breve commento all’immagine per fornire la giusta chiave di lettura. Bastano poche parole in una didascalia per trasformare una semplice fotografia in un racconto che fornisce le stesse emozioni che ho provato quando l’ho scattata.
La foto che segue, appena viene fornita la chiave di lettura assume tutt’altro significato.
Cosa ho percepito quanto ho scattato questa fotografia? Perché ho scattato questa fotografia?
Con questa fotografia volevo trasmettere la sensazione che ho provato guardando queste due coppie: una coppia di adulti, seduti uno a fianco all’altra e una coppia di giovani abbracciati appassionatamente l’una all’altro. In un solo scatto due modi diversi di amarsi, di stare insieme che varia a seconda dell’età.
Per la coppia di adulti, i due giovani sono il loro passato fatto di abbracci e baci appassionati; ma lo stesso vale per i due giovani il cui futuro sarà probabilmente quello della coppia di adulti, un stare insieme con un po’ meno di passione. Questo è quello che ho provato quando ho scattato questa foto, ma senza una breve didascalia o descrizione non so quanti avrebbero capito il significato della foto.
Anche questa semplice fotografia ha immortalato un qualcosa di “irripetibile”: probabilmente pochi minuti dopo una delle due coppie non c’era più o i due giovani si sono seduti anche loro uno accanto all’altra e pertanto sarebbe venuta a mancare quella emozione che mi ha fatto scattare la foto.
Questa è la fotonarrazione, includere in una foto il racconto delle emozioni provate in un momento irripetibile.
Grazie agli smartphone e alla facilità di condivisione delle foto siamo diventati un po’ tutti dei fotonarratori, anche se è facile spingersi oltre e trasformarsi in fotopresenzialisti o fotonarcisisti.
Mentre il fotonarratore cerca di raccontare e trasmettere le emozioni percepite durante un evento o nel visitare un luogo e raramente compare nelle fotografie, il fotopresenzialista ha lo scopo di testimoniare la sua presenza nel luogo e/o all’evento, un voler dire “io c’ero” trascurando quasi completamente il racconto dell’evento e le emozioni provate.
Purtroppo gli smartphone hanno contribuito anche ad una crescita esponenziale dei fotonarcisisti, ovvero quelle persone che si scattano continuamente dei selfie (da soli o assieme ad altri) il cui unico obiettivo è il desiderio di essere ammirati, la volontà di essere al centro dell’attenzione, il volersi sentirsi superiori agli altri. I fotonarcisisti, a differenza dei fotopresenzialisti, non hanno bisogno di andare ad un evento o luogo particolare, si scattano in continuazione dei selfie nei luoghi di ogni giorno (a tavola, al supermercato, in auto, in treno, in corriera, davanti allo specchio, e via dicendo). Decine, centinaia di selfie, uno la copia dell’altro, dove prevale l’“io”: io e il tal dei tali, io e il vestito, io e il cibo, io e… io.
Sinceramente questi fotonarcisisti mi fanno proprio pena, ma mi fa pena ancora di più chi gli da corda contribuendo ad esaltarli ancora di più. E ci sono anche alcuni cosiddetti leader politici tra i (foto)narcisisti, ma questa è un’altra storia.
Ritorniamo invece alla fotonarrazione: cosa intendo per irripetibilità?
Letteralmente ogni secondo che passa è irripetibile, ma se ogni giorno scatto una fotografia allo stesso monumento o paesaggio, col passare del tempo mi ritroverò con centinaia di fotografie l’una la copia dell’altra e non vi saranno differenze nell’emozioni provate guardando le foto.
La prima foto di quel paesaggio o monumento è fotonarrare, le successive no, in quanto nulla è cambiato.
Quando invece c’è un qualcosa che cambia e che rende diversa e rara, se non unica, la fotografia, allora si ritorna nell’ambito della fotonarrazione. Penso ad esempio ad un tramonto, ad un paesaggio autunnale, ad una nevicata e a tutto quello che rendono la fotografia irripetibile (o molto rara). Tutto sta nel saper scegliere il momento giusto.
Quando nelle fotografie sono coinvolte le persone, è facile rientrare nell’ambito della fotonarrazione in quanto le persone cambiano, crescono, invecchiano. Anche in questo caso, scattare ogni giorno una foto, non è fotonarrare, perchè le differenze tra una foto e la successiva sono minime e impercettibili, mentre se passa un anno o più tra una foto e l’altra, vengono trasmesse le emozioni del passare del tempo.
Alcune foto, con il passare del tempo, assumono un significato differente e ci trasmettono emozioni differenti rispetto a quelle del momento dello scatto. Penso ad esempio alle fotografie di quando eravamo bambini: guardandole ci ritorna in mente la nostra infanzia e tanti altri ricordi.
In questo caso l’irripetibilità è data dall’impossibilità di ritornare bambini…
A volte una sola fotografia non basta per riuscire a trasmettere tutte le emozioni provate o per raccontare quanto è accaduto. La fotografia che segue racconta il dopo tempesta Vaia
Questa fotografia da sola trasmette un senso di desolazione, fa in parte comprendere il problema, ma non è completa, manca un qualcosa per riuscire a trasmettere quelle stesse emozioni che ho provato io quando ho scattato questa foto. Cosa manca? Mancano i ricordi che ho io (e altre persone come me) di quella stessa strada, manca la conoscenza di come era prima dell’evento, manca la maestosità del bosco. Senza questi ricordi, senza la conoscenza del come era prima, non si riesce a comprendere a fondo le emozioni che io ho provato, risulta pertanto estremamente difficile con una sola fotografia trasmettere quelle emozioni.
Comparando la foto sopra (dopo Vaia) con quella sotto (prima di Vaia), ecco che cambiano totalmente le emozioni provate. Chi osserva entrambe le foto, comprende, grazie all’enorme masso, che si tratta dello stesso tratto di strada e capisce la gravità dell’evento Vaia e l’entità dei danni.
Quando avevo scattato la foto del bosco (qualche anno prima di Vaia) le emozioni che volevo trasmettere erano quelle di serenità, di bellezza del bosco, di maestosità della Natura. Ora le emozioni che trasmette sono di nostalgia, di smarrimento, di vuoto… assieme alla consapevolezza che ci vorrà del tempo perchè ritorni all’antico splendore. Chissà, forse fra trent’anni scatterò una fotografia nello stesso punto per mostrare la forza e meraviglia della Natura che è riuscita a superare l’evento catastrofico della tempesta Vaia… chissà…
La foto seguente è un altro esempio di come la didascalia, la chiave di lettura data dall’autore dello scatto, sia importante per comprendere a fondo le emozioni che vuole trasmettere.
E’ la foto di un giovane albero in mezzo ad un prato con alle spalle degli alberi più grandi. Raccontata in questo modo non ha alcun significato particolare. Che emozioni trasmette? Ci sono tanti giovani alberi che crescono in un prato.
Se però racconto degli effetti catastrofici della tempesta Vaia ed intitolo questa fotografia “Il bosco del futuro“, tutto assume un significato differente e la fotografia trasmettete una forte emozione di speranza, di fiducia e fornisce una prospettiva su un futuro più roseo del presente.
Questa è la fotonarrazione: raccontare attraverso le foto, le emozioni provate al momento dello scatto.
E non serve essere fotografi professionisti o fotoamatori per “esercitare” quest’arte del fotonarrare, basta essere in grado di osservare e scattare nel momento giusto.
E lo si può fare anche con quelle foto mosse o sfuocate che un fotoamatore o un fotografo professionista scarterebbe… purché quelle foto riescano a trasmettere emozioni.
E c’è, nonostante tutto, chi le chiama ancora solo fotografie….
3 Settembre 2021 at 21:39
Ho trovato questo blog per caso, cercando informazioni su SMAU 1997 , leggendo pensavo di essere capitato in uno dei soliti blog o siti privi di contenuti fatti tanto perché non si ha niente di meglio da fare.
Ma se i pochi scritti su SMAU 1997 mi hanno dato questa impressione, lo stesso non si può dire del resto che ho trovato leggendo le opinioni sul lavoro da casa….. con ottima descrizione sulla mentalità tutta italiana sull’argomento.
Ma preso dalla curiosità ho trovato anche questo racconto inerente la fotografia e il suo significato, non mi sembra vero in mezzo a tanto marasma del web trovare poche semplici parole e immagini che potrebbero insegnare fotografia più di tanti corsi e libri, la fotografia oggi è invasa da estetica, esibizionismo e ricerca di consensi , perdendo di fatto la sua vera essenza: il racconto.
Complimenti Andrea, le auguro e mi auguro che possa possa trasmettere i suoi pensieri a molte persone.
Giuseppe*
3 Settembre 2021 at 22:11
Grazie per le sue parole. Probabilmente nel 1997 non avevo molto altro da fare… all’epoca avevo 23 anni e sperimentavo quello che sarebbe poi diventato un blog.
E’ l’esperienza e il vissuto personale che mi ha fatto descrivere bene tutto quello che riguarda il lavoro da casa in contrasto con il vero smart working… per questo probabilmente ha trovato l’argomento interessante.
Per quanto riguarda la fotografia, o meglio come mi piace definirla “fotonarrazione”, questa è una mia grande passione da molti anni… non sempre purtroppo mi riesce alla perfezione… ma è proprio la passione che mi spinge a tentare e ritentare. In qualche occasione, vedendo altre fotografie dello stesso evento, mi rendo conto che ho dato una visione più completa, meno patinata e che possa proprio raccontare anche i sentimenti provati nello scattare le foto.
Grazie ancora e buon proseguimento del cammino di vita.
Andrea